L’Azienda Agricola Baccagnano ha un’estensione di circa 7 ettari e si trova sulle prime colline di Brisighella a circa 100 metri di altezza sul livello del mare, appoggiata su una terrazza fluviale del Lamone. I terreni sono principalmente argillosi. La vicinanza con il Lamone e la posizione verso il fondo valle dei terreni provoca una elevata escursione termica anche nelle più calde giornate estive e una discreta circolazione dell’aria che ci aiuta nella gestione agronomica dei nostri vigneti.
In vigna abbiamo scelto di puntare sui vitigni autoctoni della Val d’Amone: Sangiovese, con i cloni più tipici di Brisighella, Trebbiano e Albana. Qualche strana incursione in vigna però l’abbiamo fatta e alcune barbatelle di Chenin Blanc sono finite per caso nei filari più ombreggiati dal profilo della collina e più prossimi al fiume.
La nostra nuova cantina, realizzata nell’inverno del 2019, è nascosta sotto terra come una caverna degli hobbit. Il suo essere ipogea ci aiuta nella gestione della temperatura e dell’umidità che restano abbastanza costanti per tutto l’anno.
Le uve che raccogliamo subiscono diversi maltrattamenti per diventare vino.
– Le raccogliamo a mano, e non è necessariamente vero che la raccolta sia poco cruenta, spesso i grappoli solcano l’aria per un paio di metri prima di atterrare nelle cassette.
– Le pigiadiraspiamo con una macchina di acciaio che fa un sacco di rumore, non è un processo gentile.
– Alcune di queste uve fermentano in mastelli di plastica e ogni tanto le maltrattiamo, soprattutto le uve a buccia rossa, con un arnese che rimesta a lungo le vinacce per ossigenarle. Poter guardare dall’alto il cappello delle bucce che si forma appena parte la fermentazione ci da l’illusione di poter governare appieno il processo fermentativo e le operazioni di follatura e rimontaggio delle vinacce.
Qvevri
una citazione a parte meritano le anfore georgiane che utilizziamo per realizzare una delle nostre Albana. Ne abbiamo due, da 350 e 600lt e per noi hanno qualcosa di magico. L’albana viene pigiadiraspata e le vinacce finiscono direttamente nelle anfore dove restano per 31 giorni (più o meno) senza essere toccate. Il cappello delle bucce funge da tappo naturale per il mosto che fermenta lentamente.
– Lieviti famelici banchettano annegati nello zucchero e se lo mangiano tutto, trasformandolo in alcol.
Ci tengo a dire a mia discolpa che non usiamo lieviti selezionati, controllo delle temperature, prodotti chimici e altre diavolerie per un unico e vero motivo: non ne sono capace. Forse se avessi giocato di più al piccolo chimico a quest’ora sarei diventato il mago delle bentoniti e farei vini completamente diversi.
Vi garantisco che dell’uva che fu rimane ben poco. Quando il processo è terminato e lo zucchero finito, aggiungiamo zolfo e sigilliamo il tutto al buio e senza ossigeno per settimane e settimane.
In questa fase, a seconda del vino che vogliamo ottenere, usiamo contenitori di acciaio, di cemento e un paio di tonneau esauste.
Usiamo un unico tipo di bottiglia, la borgognotta, per tutti i nostri vini e da subito abbiamo deciso di tappare con tappi a vite, utilizzando membrane diverse a seconda della tipologia di vino.